Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
    torna indietro
 

Home > Menu 1 > Sottomenu > Documento

back

PROCEDURE BUROCRATICHE DISATTIVAZIONE: SI POTEVA FARE DI PIU’!... (Angelo Vicari)

Abbiamo già trattato in questo sito delle nuove regole per la “disattivazione, ma, purtroppo, ogni volta che si rileggono, non possiamo fare a meno di porci ulteriori interrogativi.
La finalità principale della normativa sulle armi è quella di poter conoscere, da parte delle Forze di polizia,  chi sia in possesso di armi e dove vengono detenute, in modo da permettere tempestivi interventi, anche in caso di presunto abuso.
Questa finalità è stata perseguita dal legislatore anche per mezzo di sanatorie, che si sono susseguite nel corso degli anni, così da incentivare la denuncia del maggior numero di armi da sparo.
Ma, oltre questa modalità di regolarizzazione, limitata nel tempo, con l’art. 20 della L.110/75, si è voluto dare la possibilità permanente di legittimare le armi rinvenute dal cittadino.
Comunque, se da una parte lo stesso legislatore ha cercato di fornire gli strumenti normativi per facilitare la denuncia del maggior numero di armi, invece, da parte delle Forze di polizia, che dovrebbero rendere esecutive tali norme, si denota una certa resistenza, vanificando così la finalità della normativa.
Infatti, non mancano le testimonianze di coloro che si sono trovati in difficoltà nella legittimazione di armi rinvenute, anche quando siano certamente appartenute a parenti defunti, con disconoscimento da parte degli stessi uffici di Polizia o comandi dei Carabinieri della circolare in materia del 2004.
A maggior ragione, per la sempre migliore tutela della sicurezza pubblica, ci si sarebbe aspettati che il Ministero dell’Interno, nel redigere il Decreto 8 aprile 2016 sulla “disattivazione”, ne semplificasse al massimo le procedure burocratiche, siccome direttamente interessato ad invogliare il cittadino a detenere “simulacri”, anziché armi da sparo efficienti.
Ciò, purtroppo, non è accaduto! Anzi, ad onor del vero, ciò è accaduto in minima parte. Infatti l’art.5 del Regolamento ministeriale, relativo alle “disposizioni procedurali e adempimenti per la disattivazione”, ha riportato integralmente le “disposizioni procedurali” indicate al punto 3 della circolare del 2002 sulla “demilitarizzazione” e “disattivazione” (circolare ancora valida per la “demilitarizzazione”, siccome non è stato emanato il relativo regolamento previsto dall’art. 13 bis della L. 110/75), con l’unica variante migliorativa che le Questure devono provvedere “entro trenta giorni”, anziché “novanta”, dalla “ricezione della comunicazione” dell’interessato, a “rendere nota la presa d’atto”, ovvero il parere negativo, per procedere, o meno, alla disattivazione.
Quindi, attualmente, la procedura burocratica è la seguente:

Considerato che il Regolamento UE non ha voluto interferire, giustamente, sulle procedure burocratiche degli Stati membri, se non limitatamente all’adozione  del “modello di certificato” di“disattivazione”, il Ministero ha perso una buona occasione  per fare di più per incentivare la trasformazione di armi in “simulacri”.
Infatti, non si riesce a comprendere per quale motivazione tecnico/giuridica debba essere interessato il Ministero dei beni e delle attività culturali e per esso le rispettive Soprintendenze, anche quando si voglia “disattivare” un’arma da sparo moderna  o, addirittura, ancora in produzione, perplessità evidenziata anche da Mori nel commento al Regolamento ministeriale.
Se la finalità di tale segnalazione, come riportato nell’art. 5, comma 2, del Decreto ministeriale, è quella di salvaguardare l’integrità delle armi “antiche, artistiche e rare di importanza storica”, oppure di armi che pur non rientrando in queste ultime specie, possono essere considerate “beni culturali”, non si comprende perché non si sia lasciato spazio alla valutazione discrezionale degli uffici di polizia interessati, in merito alla sottoposizione, o meno, dell’arma all’esame/parere preventivo delle Soprintendenze.
Quindi, per risparmiare tempo, si sarebbe potuto seguire la procedura già codificata nel Regolamento per le armi antiche (art. 6 D.M. 1982), secondo la quale, in caso di dubbio sulla qualità di arma antica da parte degli Uffici o Comandi interessati, i Questori devono interessare le rispettive Soprintendenze.
 Non vogliamo, né possiamo pensare che il Ministero non si fidi della professionalità ed esperienza nel settore dei propri dipendenti, nella loro capacità di valutare se un’arma, ancora in commercio, possa essere disattivata senza attendere il  nulla osta della Soprintendenza.
Con tale sistema si sarebbe potuto snellire in modo significativo la procedura burocratica in argomento, tenuto anche conto che difficilmente sono presentate richieste di disattivazione di armi antiche,  per non incidere sul loro valore e siccome, per l’art. 5 della L. 36/90, la detenzione e la collezione di queste ultime è libera, quando siano “inidonee a recare offesa per difetto ineliminabile dei congegni di sparo”.
Il Ministero ha perso una buona occasione per fare di più, omettendo di contemperare la propria esigenza di tutela della sicurezza pubblica con quella del cittadino a detenere semplici “simulacri” di armi senza complicazioni burocratiche.

 

Firenze 8 gennaio 2017                                       ANGELO VICARI

 


torna su
email email - Edoardo Mori top
  http://www.earmi.it - Enciclopedia delle armi © 1997 - 2003 www.earmi.it